Nuovi titoli nella collana ‘Poesia Italiana E-book’

Nella collana «Poesia Italiana E-book», ideata e curata da Biagio Cepollaro, sono disponibili dal 19 marzo sei nuovi testi.


Si riproducono qui di seguito due annotazioni sulla collana, di A. Inglese e G. Bortolotti (leggibili anche su www.cepollaro.splinder.com).

Andrea Inglese - Sul IV Quaderno di POESIA DA FARE e su Poesia Italiana E-book

commento pubblicato in Nazione Indiana al post di B.Cepollaro del 16 febbraio 2005.

Al di fuori di ogni sollecitazione editoriale, di ogni conclamata richiesta del pubblico, di ogni canonizzazione della critica, Cepollaro lavora a trasmettere un’eredità quanto mai “minoritaria” ed eterogenea. […] , Di Ruscio, Niccolai, Mesa, Baino. Qui non ci chiediamo neppure se è popolare, se vale la pena di occuparsene, piuttosto che leggersi il fenomeno editoriale del momento. Qui alcuni poeti giovani e giovanissimi hanno semplicemente capito che questi testi parlano a loro in modo decisivo, indubitabile.

L’atto di lettura individuale esiste ancora ed è a partire da esso che si organizza la consistenza “sociale” di un testo. Anche se tutto ciò non è sincronizzato con “lo spirito del giorno”, con “i fondamentali dell’epoca”, con i temi del giorno.

Che questi libri, ora trasmessi in formato “elettronico”, siano una faccenda di numeri irrilevanti in termini di pubblico, non cambia nulla. Ciò che qui conta è la “forma” della trasmissione: il modo e la libertà attraverso cui dei testi sono proposti e attraverso cui vengono fatti propri. Questa forma sarà di minoranza, ma è sociale nel senso più forte del termine. Un’associazione di individui intorno ad un testo-valore.

Così succede ovviamente anche per i romanzi o per i dischi che improvvisamente acquistano un grande successo, al di fuori di ogni previsione di marketing. Sotto strati e strati di mediazioni di natura ideologica ed economica, la consistenza “sociale” del testo letterario sta nella sua possibilità di rispondere anche intempestivamente, in ritardo, e sulla lunga durata.


Gherardo Bortolotti - Sull’intervento di Andrea Inglese

Ho letto l’intervento di Andrea Inglese su Nazione indiana e quelle che seguono sono le considerazioni a cui mi spinge. Il punto, mi sembra, è che quando ti rendi conto che le forme che il mercato ti offre, e su cui il dibattito culturale continua a ritornare, non sono sufficienti a mettere insieme i pezzi dei tuoi giorni, i tuoi guai, la tua vita, l’unica cosa che puoi fare è rivolgerti altrove. Anche a costo della marginalità - dell’irrilevanza, in effetti - dato che l’unico “altrove”, in questi casi, è l’esclusione. La (bella) sorpresa, piuttosto, è che anche altri sentono i tuoi bisogni e trovano nelle tue scelte una conferma – come tu nelle loro. È allora che si forma quella che Inglese chiama “un’associazione di individui attorno ad un testo-valore”. E questo perché solo una forma può coagulare una comunità ed è lì che trova il suo fondamento.

Scrivere/leggere, infatti, al di là del piacere, al di là della tecnica, rimane sempre un problema di produzione di senso, e dei termini secondo i quali produrlo, ed è nei testi, solo nei testi, che lo scrittore / il lettore trova alcune concrete, formali soluzioni. Questo discorso, di per sé, è valido in generale e, giustamente, Inglese fa riferimento anche ai successi inaspettati di libri o dischi, costruiti dalle comunità che vi si riconoscono. Nel caso del tuo sito, però, nell’operazione di pubblicazione e ri-pubblicazione che hai intrapreso, mi sembra che ci sia un carattere specifico.

Si tratta del poderoso rimosso che ha coperto la stagione degli anni ‘60-’70 e che, nei discorsi correnti, ha ridotto quella che fu la sede di una ricchissima elaborazione formale ad un periodo di manifesti. Questo rimosso costringe noi alla marginalità, alle eredità minoritarie, lasciandoci come unico orizzonte, anziché un dibattito condiviso, la sola “possibilità di rispondere anche intempestivamente” del testo letterario. Non solo. Mi sembra che l’esperienza del tuo blog [www.cepollaro.splinder.com] sia una delle poche realtà in cui si prende coscienza di un aspetto del fare letteratura ai nostri giorni (nel mondo globale, come si dice).

Parlo della marginalità (diversa da quella di cui sopra, ma analoga) in cui vive la letteratura, una marginalità che mi sembra sfugga alla maggior parte delle persone che con la letteratura hanno, a diverso titolo, a che fare. L’immaginario, il senso, gli strumenti che abbiamo a disposizione per mettere insieme i nostri casi e quelli degli altri (dalla vicina che ha perso il gatto alla guerra in Iraq tuttora in corso) vengono prodotti da centrali ben più forti, attrezzate e diffuse della letteratura ed il cui spazio e ruolo “usurpano” in vari modi.

Sto parlando, ovviamente, della televisione, del cinema, dei videogames, dell’industria musicale e così via, rispetto ai quali la letteratura è veramente una realtà troppo povera. Che sia questa povertà la sua forza, è un discorso che qui non posso affrontare, ma non cambia lo sbilanciamento che si è prodotto e da cui, per forza di cose, bisogna ripartire. Di nuovo, a partire da una forma e da un ragionamento sulla forma (non sulla tecnica) che, forse, solo dai margini si può fare.


Sono ovviamente sempre online gli altri titoli di ‘Poesia Italiana E-book’:


Questo articolo si può citare nel seguente modo:
Marco Giovenale, Nuovi titoli nella collana ‘Poesia Italiana E-book’, in «Italianistica Online», 20 Marzo 2005, http://www.italianisticaonline.it/2005/cepollaro2/

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