Il poeta e l’Internet

Il poeta è un cane da tartufo, un segugio improvviso eppure perpetuo: scova le leccornie e, quandanche gli vada bene, si prende una carezza sulla testa: il vittimismo è proprio il volo pindarico fuori portata.

Le genesi del sale nonostante l’ammansire di qualche bellezza di gioia, ovvero i versi in grado di commettere epifanie, possono servire ad addolcire il buio, a far scaturire dal trampolino del segno il tuffo equoreo di una lambita felicità d’arte quale fonte di rimedio e, forse, di salvataggio.

Così ed anche l’Internet è una valanga di cose scoccate, resistenti e fragilissime, comunque cancellabili o rese invisibili o inservibili o ingannevoli. I motori d’archivio non sono ancora pienamente e facilmente competenti e consultabili atti a conservare, quindi a discernere, ciò che andrebbe preservato o, almeno, tenuto in fonte. L’indice di ogni cosa è trauma, in più qui l’Internet, spazio per atleti che, spesso, non sono appieno coscienti di misure di autocritica e rigore. La poesia non è di certo un’atmosfera di sentimenti allo stato brado o di colloqui tra i bigliettini delle occasioni le più disparate.

Per la prima volta nella storia dell’umanità, nel bene e nel male, le “oasi” (è un eufemismo) di sapienza - o “soltanto” di cultura - hanno conosciuto, hanno dovuto conoscere, un po’ di umiltà e di tangibile democrazia dal basso quale spostamento del baricentro del vetero potere dell’industria culturale sia di massa che di élite.

Certo dalla libertà magnifica si rischia la stabilizzazione del più tirannico e vuoto ed emetti-sentenze dei regimi con, in più, l’immanente indifferenza del mare magnum.

Marina Pizzi, settembre 2005


Questo articolo si può citare nel seguente modo:
Marina Pizzi, Il poeta e l’Internet, in «Italianistica Online», 16 Ottobre 2005, http://www.italianisticaonline.it/2005/il-poeta-e-linternet/

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