Dialetti

La globalizzazione, secondo alcuni, li avrebbe già dati per spacciati. E invece, con Zygmunt Bauman *, la globalizzazione unisce quanto divide. Sono così sempre lì, alimentati dal glocal, pronti a reagire anche alle provocazioni, vivaci come non mai (sia pure, come è corretto riconoscere, ormai in forma di neodialetti).

E così alla Padania che ha sfruttato la possibilità, concessale dalla riforma del codice della strada [Art. 37 introduzione comma 2-bis CDS: “I segnali di localizzazione territoriale del confine del comune possono essere espressi anche in idiomi locali o in dialetto” (ndr)], di una doppia indicazione, in lingua e in dialetto, nella cartellonistica stradale (sicché Bergamo, per esempio, è diventata Berghem), ha risposto recentemente la solita goliardica capitale, la Roma di Pasquino (consegnata anche alla storia della cinematografia da un memorabile film di Luigi Magni, Nell’anno del Signore).

In uno spassosissimo libello, dal titolo emblematico Roma de cartello (Roma, Edizioni Edup, 2004), l’autore, Tonino Tosto, ha tradotto in romanesco insegne di negozi e segnali stradali: lo stop è così diventato stoppe, il dosso saliscegne, l’incrocio pericoloso capocroce a risico, il segnale di rimozione della vettura abbada, te se la càricheno e via di questo passo. Il tutto accompagnato da vignette e da sestine che avrebbero fatto invidia al grande Belli.

La vitalità dei dialetti, che passa soprattutto, all’interno delle realtà urbane e metropolitane, per le aspettative identitarie delle nuove generazioni, è anche rivendicazione della propria diversità contro la minaccia dell’omologazione globale; parola chiave, diversità, dell’ideologia no global:

diverso significa che quella che viviamo non è l’unica realtà possibile, che può essere cambiata, resa più serena e più giusta, che l’approssimazione all’altro e non la ripulsa è il sentimento auspicabile. 1

La diversità è espressamente richiamata in un paragrafo a sé come altre voci ed espressioni importanti (cibo sufficiente e sicuro, diritti umani, equità, eredità comune2, lavoro, nuova democrazia, principio di precauzione3, sostenibilità ecologica, sussidiarietà4), a costituire un lemmario minimo del pensiero no global, nella Carta dei principi votata e approvata dal Consiglio Internazionale del Forum Sociale il 10 giugno 2001:

La difesa della diversità culturale, biologica, sociale ed economica è una questione di sopravvivenza immediata per numerose comunità di indigeni sparse per il mondo, è essenziale per una vita sopportabile, dignitosa e sana per tutta la specie ed è fondamentale per l’ambiente futuro. 5

Manca proprio la difesa della diversità linguistica, ma altri ha già provveduto. Un bel libro di Federico Faloppa (Parole contro. La rappresentazione del diverso nella lingua italiana e nei dialetti, prefazione di Gian Luigi Beccaria, Milano, Garzanti, 2004) riassume il senso delle tante offese pronunciate nei secoli contro la diversità. Ci sono ebrei, musulmani, zingari ma, come ho già notato altrove, mancano gli omosessuali. Mancano ancora per la nostra lingua, con qualche eccezione, studi specifici sulla lingua dei “diversamente orientati” sul piano delle tendenze sessuali (sulle problematiche di gender, invece, si è riflettuto abbastanza anche da noi); un filone di ricerca molto frequentato dagli anglo-americani e che, in un volume di prossima pubblicazione, conto di alimentare io.


2 «Alcune risorse che devono costituire un diritto di nascita fondamentale per tutta la specie e debbono essere equamente suddivise. Appartengono a tre categorie: la sfera naturale, acqua, terra, aria, foreste e pesce. La sfera della cultura e della conoscenza e, infine, i diritti sociali di base che riguardano la salute, l’educazione e la sicurezza pubblica e sociale, essenziali alla specie come l’aria e l’acqua. Ogni tentativo delle corporation di monopolizzare questi beni per profitti privati è moralmente incosciente e politicamente inaccettabile» (Id., p. 164).

3 «Quando una pratica, un prodotto o una nuova tecnologia può costituire una minaccia per la salute umana o per l’ambiente, bisogna impugnare il principio di precauzione per limitarla o proibirla fintanto che non venga scientificamente dimostrata la sua assoluta innocuità» (Id., p. 165).

4 «La globalizzazione economica consiste soprattutto nella delocalizzazione e nell’impoverimento delle comunità e delle economie locali. È necessario invertire questa tendenza e favorire il locale e il principio di sussidiarietà: tutte le decisioni che possono essere prese localmente debbono essere prese a questo livello. Solo quando un’attività non può essere soddisfatta localmente, il potere e l’attività devono spostarsi a un livello più alto: regione, nazione e, infine, il mondo» (Id., p. 164).

5 Id., p. 165.


Questo articolo si può citare nel seguente modo:
Massimo Arcangeli, Dialetti, in «Italianistica Online», 7 Gennaio 2006, http://www.italianisticaonline.it/2006/dialetti/

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