II Conferenza
virtuale


   


Il libro elettronico 
e l'editoria digitale umanistica in Italia 


   

(30/11/2003 - 29/02 2004


    Italianistica Online > eBook Italia Forum 2003 > Relazioni > Domenico Chiodo

   


ideata, promossa e coordinata da Luigi M. Reale

in collaborazione con
l'Area Convegni di
365 Giorni in Fiera

(Fiera Internazionale del Libro di Torino)
direttore editoriale
Luciano Simonelli

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Nuovo conteggio
dal 16 ottobre 2001

Domenico Chiodo
La rete, i pesci, i pescatori: un primo bilancio dello "Stracciafoglio"



Il sito Italianistica Online fu tra i primi a segnalare Lo Stracciafoglio dichiarandolo “in assoluto la prima rivista professionale di italianistica edita esclusivamente online”, dichiarazione che seguiva con una specificazione ulteriore utile a chiarire il pieno significato dell’aggettivo “professionale” nel riconoscere alla rivista una “serietà redazionale” per nulla inferiore “a quelle tipiche delle pubblicazioni cartacee di tale genere”. Eguale tono ebbero altre segnalazioni in sedi di prestigio, dal “Giornale Storico della Letteratura Italiana” allo “Year’s Work in Modern Language Studies”, agli atti di convegni in cui l’iniziativa venne citata e lodata; nonché in private attestazioni di stima giunte alla redazione: i complimenti vertevano ancora sullo stesso punto: che Lo Stracciafoglio non abbia niente da invidiare a una rivista cartacea, affermazione quasi sempre accompagnata da un esibito moto di sorpresa. 

Tale sorpresa più che deporre a favore del nostro lavoro denuncia una convinzione che non può essere tacciata di pregiudizio: l’editoria on line, e soprattutto le edizioni di testi antichi on line, non hanno fin qui goduto di quelle attenzioni che sarebbero state auspicabili e chi si serve degli ormai numerosi repertori di testi in rete resta talvolta sconcertato dal divario di attendibilità dei testi ivi riuniti. Accanto a edizioni filologicamente ineccepibili si trovano infatti testi letti allo scanner e raffazzonati alla bell’e meglio, prodotti che definire dilettanteschi è già un eufemismo, trascrizioni affidate a laureandi o neo laureati e non più ricontrollate, e così via. Perché allora, ci si chiede, i testi dello Stracciafoglio ricevono una cura simile a quella che si è abituati a richiedere a una pubblicazione cartacea?

La risposta è tanto ovvia quanto non tale da suscitare l’ammirato entusiasmo dei navigatori in rete: la nostra rivista non è stata pensata per la rete ma come una rassegna cartacea, ovvero il progetto di rivista è nato ben prima della scelta di destinarlo all’esclusiva pubblicazione on line, ed è nato come una sorta di supplemento integrativo delle pubblicazioni Res, come luogo in cui destinare quanto sembrava utile far conoscere, ma non atto a dar luogo a un titolo delle nostre collane. L’idea era insomma, come dichiarato nella presentazione redazionale del primo numero, quella di offrire “non studi critici, né rassegne bibliografiche, ma, in linea con l’attività editoriale della Res, testi, esclusivamente testi, corredati di adeguate, ma sintetiche, introduzioni e commenti”. Si trattava di portare alla luce opere non altrimenti recuperabili: “testi di limitate dimensioni improponibili in volume; brani interessanti di opere la cui pubblicazione risulta sconsigliabile perché nell’insieme non meritevole di tanto, oppure, ancora, documenti, di maggiore o minore o anche nullo valore letterario, ma utili a illuminare personaggi o eventi storici di qualche rilievo”.

La prospettiva rimaneva e rimane per il gruppo redazionale Res quella del libro, nella sua insostituibile corporeità tangibile, mentre le possibilità offerte dalla rete sono apprezzabili alternative come diramazioni vicarie della forma di comunicazione della carta stampata. Su carta quella rivista concepita come uno spazio per i testi non costituibili in volumi singoli avrebbe avuto costi che di necessità implicavano una gestione amministrativa e un tentativo di accesso a finanziamenti pubblici, con tutto quel che ne consegue: in rete invece Lo Stracciafoglio è gratis per chi lo pubblica e di conseguenza per chi lo legge.

Quante pubblicazioni accademiche dovrebbero avere lo stesso destino! E quanti soldi pubblici si potrebbero risparmiare se si valutasse con maggior discernimento quali libri eleggere per la stampa, i testi soprattutto, destinando alla rete le opere sussidiarie o provvisorie o del tutto effimere quale la messe delle pubblicazioni apprestate a soli fini concorsuali. Senza dire degli atti di convegni: volumi per lo più utili soltanto come testi di consultazione per i quali una stampa da Internet sostituirebbe le canoniche fotocopie dell’unico intervento che via via interessa chi ricorre all’opera per compulsarla. In tempi di strozzamenti finanziari alla ricerca la rete può rappresentare un mezzo utile a rendere pubblica a costi minimi la propria attività di studio.

Ma torniamo allo Stracciafoglio: rivista pensata cartacea e convertita digitale per ragioni di risparmio; e non soltanto: l’idea fu anche quella che la rivista avrebbe potuto costituire un veicolo pubblicitario per il sito della casa editrice che la ospitava. L’internauta insomma, dopo aver letto e scaricato gratis la rivista, avrebbe dovuto dare anche un’occhiata al catalogo Res e, incuriosito, avrebbe anche potuto acquistare qualche libro. La rete dunque, metafora dalle molteplici declinazioni, in questo caso rappresentava lo strumento per la cattura di pesci-clienti da attirare con l’esca della rivista: non si pensava a una mattanza, ma al più modesto bottino di una lampara. Le cose non sono però andate come si ipotizzò. 

Innanzi tutto Lo Stracciafoglio ha avuto un successo che è andato molto al di là di quanto si potesse immaginare: a parte i riconoscimenti ‘indiretti’, ovvero le segnalazioni già prima ricordate e le citazioni frequenti (soprattutto da parte degli studiosi del Seicento), le rilevazioni statistiche dei ‘visitatori’ della rivista hanno fornito, soprattutto nei primi due anni di attività, dati inattesi e sconcertanti: una media mensile di lettori che si aggirava intorno alle mille unità, il frequente scaricamento delle pagine della rivista, una diffusione planetaria che va ben al di là dei confini nazionali, per un traffico che vede rappresentati presso che tutti i paesi europei, gli Stati Uniti per circa il 20%, e poi ancora Sud America, Australia, etc. Nel contempo tuttavia le vendite dei libri Res non hanno avuto che un minimo, irrisorio, incremento. La rete ha maglie ben larghe e i pesci vi entrano ed escono a piacere, non ritenendo affatto di interessarsi alle offerte commerciali del sito.

E i pescatori? Anche in questo caso la realtà ha smentito le previsioni. Si pensava infatti che lo spazio aperto in rete avrebbe sollecitato proposte e richieste di partecipazione ben al di sopra di quanto è avvenuto. La natura stessa della rivista, testi brevemente introdotti, senza pretese di esaustività né nei commenti né nelle presentazioni, avrebbe dovuto, a nostro credere, sollecitare le collaborazioni, lo spirito essendo quello di rendere partecipi delle proprie letture, soprattutto di quelle un po’ peregrine, senza eccedere in seriosità. 

Evidentemente non è uno spirito troppo condiviso perché Lo Stracciafoglio è al momento in crisi (semplicemente nel senso di un ritardo nella scansione, che si vorrebbe semestrale, di pubblicazione, ritardo peraltro divenuto endemico nel campo dei periodici specialistici e che perciò sempre più apparenta la rivista alle sorelle cartacee) proprio per mancanza di collaboratori disposti a contribuire fornendo anticipazioni di più ampi lavori o facendo incursioni in terreni un po’ infidi, come fin qui si è fatto scovando testi e autori quasi del tutto ignoti, a commentare i quali ci si deve avventurare privi di bussole bibliografiche. 

Si aggiunga ancora che per una di quelle sciagure che spesso colpiscono l’Italia (ora sotto forma di condoni, edilizi o amministrativi che siano, ora di riforme legislative, scolastiche o universitarie) la sparizione dei lavori di tesi di laurea ha vanificato un possibile serbatoio di articoli (proficuamente presente invece nei primi numeri). Ma le sorprese non si limitano al comportamento di pesci e pescatori: la rete è luogo imprevedibile. Il digitale Stracciafoglio, i cui articoli sono già entrati in importanti repertori bibliografici cartacei, non è invece segnalato, proprio perché edito esclusivamente on line, in quello che è un fondamentale repertorio digitale delle riviste di italianistica, ovvero la lodevolissima iniziativa Italinemo: paradosso eloquente del caotico e contraddittorio rapportarsi alla rete del mondo scientifico accademico.

Che le cose non vadano nella direzione che si prevedeva non comporta necessariamente che l’idea fosse sbagliata ed essendo la maggior parte dei redattori piemontesi, e quindi di testa dura, Lo Stracciafoglio proseguirà senz’altro, anche se si deve rinunciare all’illusione che esso funzioni da esca pubblicitaria. Rispetto a una rivista cartacea, come si è detto, non ha costi finanziari e quindi finché non demorde chi lo fa può avere lunga vita. Ma vi è un altro vantaggio non trascurabile: le tradizionali riviste accademiche di italianistica confondono troppo spesso la serietà con la seriosità e non sono disponibili ad accogliere di buon grado una scrittura non sufficientemente ammantata di paludata scientificità. Il tono di talune mie introduzioni a testi editi nello Stracciafoglio, ad esempio, difficilmente avrebbe potuto aver luogo, per citare una sede in cui sono frequentemente ospitato, sul “Giornale Storico della Letteratura Italiana”. 

La pubblicazione digitale presenta dunque margini di libertà accentuati, sia rispetto ai vincoli economici, sia rispetto a quelli censorii, o autocensorii che siano. In tali casi, è ovvio, il rischio è quello di incorrere nella licenza, nell’eccesso, che nel nostro caso equivarrebbe soprattutto a uno scadimento nella faciloneria e nella sciatteria. Per questa ragione la cura dei testi è fondamentale, e lo è egualmente l’organizzazione, molto rigida, del ‘numero’: un testo di teoria letteraria, un testo di poesia (lirica, o drammatica, o epica che sia), un testo burlesco o comunque irriverente (tra l’osceno, lo scatologico, l’anticlericale, etc.), un inedito pezzo d’archivio e infine un brano in lingua latina. Il rispetto di questa struttura, cui si aggiungono le due rubriche critiche, comporta ovviamente la possibilità di ritardi e certamente non sorprenderà apprendere che sono soprattutto le due ultime sezioni, il documento d’archivio e il testo latino, quelle in cui latitano i curatori. Tuttavia a questa rigida impostazione non si intende rinunciare: l’onere si traduce anche in una sollecitazione a non abbandonarsi alla via più facile e i risultati fin qui raggiunti (che gli indici riassuntivi, redatti da Andrea Donnini, possono illustrare al meglio) confortano in tale scelta.

Il vero problema, non tanto per Lo Stracciafoglio, quanto per l’editoria digitale di testi filologicamente curati è quello dell’ormai necessario passaggio alla progettazione della pagina web in chiave filologica. Non è pane per i teneri dentini della nostra rivista, ma è esigenza da porre nel dovuto rilievo. Anni fa tentai di organizzare un progetto di ricerca ‘cofinanziato’ (termine burocratico che indica un consorzio tra diverse università) che si muoveva in tale direzione: sperimentare, attraverso la collaborazione tra informatici e umanisti, nuove forme di rimandi filologici concepiti come ipertesti, sviluppando in tal modo sia gli apparati di varianti, sia i raffronti con le edizioni cartacee moderne, sia gli interventi congetturali operati sui testi editi in forma digitale. Il progetto non fu accolto tra quelli “di rilevante interesse nazionale” come recita la definizione ministeriale e quindi non poté avere seguito in assenza di finanziamento.

Tuttavia le sue ragioni a me sembrano ancora valide e proponibili: la prospettiva è quella di restituire la pagina di testo nella sua pienezza, senza le opprimenti note a piè pagina che nelle edizioni critiche cartacee sono cresciute a una misura tale da soffocare il testo in modo intollerabile; l’ipertesto consentirebbe di organizzare pagine di testo ‘pulite’ destinando a vari link tutte le informazioni filologiche necessarie a ricostruire il processo di costituzione del testo. Lo sviluppo di tali soluzioni ipertestuali potrebbe anche dar luogo a una pratica di integrazione tra ambito cartaceo e ambito digitale: le edizioni cartacee di testi filologicamente curati potrebbero liberarsi di tutte quelle sovrastrutture paratestuali che sono tra le principali ragioni che hanno contribuito ad allontanare sempre di più il lettore non specialista dal tradizionale patrimonio della nostra letteratura, il più splendido tra quello delle lingue moderne.

Il dilemma, dibattuto anche nel presente forum, tra digitale e cartaceo potrebbe in futuro essere risolto, almeno nell’ambito dell’editoria scientifico-filologica, in una proficua alleanza: il testo offerto in un libro elegantemente impaginato e piacevole alla vista, magari con quell’aura “settecentesca” che taluni hanno riconosciuto nei libri Res, filologicamente inappuntabile ma senza alcun paratesto di contorno; e insieme un CD ove, secondo standard il più possibile consolidati, lo studioso che lo desideri trovi tutto quanto attiene al lavoro di edizione, le famigerate ‘fasce di commento’ che oggi si prendono quasi intera la pagina e rendono scoraggiante, ad esempio, la lettura dei testi poetici antichi insidiati dal magmatico emergere, sempre più in alto fino alle prime righe della pagina, degli apparati filologici.

Quella qui prospettata è una forma di sviluppo del libro elettronico che certamente non potrà avere nello Stracciafoglio il principale luogo di realizzazione: occorrono infatti sperimentazioni e collaborazioni non attuabili nella dimensione, che potrei quasi definire ‘domestica’, della redazione della rivista e del sito che la ospita. Tuttavia non ci si può nemmeno illudere che i progetti di ricerca nel campo dell’editoria elettronica di carattere scientifico debbano prevedere un’organizzazione e un bilancio finanziario da ente spaziale: il rapporto tra il mondo del web e la ricerca umanistica universitaria è stato fin qui condizionato dal prevalere di atteggiamenti estremi, tra diffidenza o aperta ostilità in certi casi ed entusiasmi dilettanteschi e sproporzionati in altri. 

Si tratta di avviare un modus operandi più equilibrato che può essere aiutato soltanto dallo svilupparsi del dialogo tra esperti di informatica e umanisti, per rendere possibile il quale non si tratterà soltanto di vincere le reciproche diffidenze, ma soprattutto di arrivare a un adeguamento dei tempi progettuali: nel nostro mondo, che se non è il peggiore di quelli possibili pure ci si avvicina considerevolmente, un anno di lavoro in biblioteca di un giovane studioso esperto di materie letterarie, per quanto brillante e volenteroso possa essere, è in genere pagato quanto un mese, o anche meno, di lavoro di un tecnico informatico, sia pure alle prime armi: tale discrepanza non può non ripercuotersi sul tentativo di lavori comuni. Lo Stracciafoglio, come molte altre iniziative analoghe, è finora vissuto esclusivamente su di un modello di bricolage informatico che trova inevitabilmente nel supporto Adobe dei files *.pdf il più semplice mezzo per un trasferimento pressoché senza mediazioni della pagina cartacea nella dimensione digitale. Credo che non ci si dovrebbe più accontentare soltanto di questo.


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