Pare che sia norma generale che la scrittura rispecchi, nel modo piú vicino possibile, l’effettiva pronuncia (per questo motivo, ad esempio, scriviamo "l'8 gennaio" e non "il 8 gennaio"...). Perché, allora, ostinarsi all'uso della vecchia regola scolastica sull'apostrofo? In fondo, leggendo, se mi imbatto nell'articolo alla fine del rigo, e al relativo sostantivo a inizio del successivo, io pronuncerò, ad es., "l'asino" e non "lo asino"... Anche per evitare che chi ascolta senza leggere il testo potrebbe pensare che... "lo asino" ce l'ha proprio di fronte...
Possiamo, in definitiva, a parte la banale battuta, ritenere superato il tradizionale divieto?
P.s.: in fondo, oramai i giornalisti lo fanno "regolarmente"...
Italianistica Online Forum » Generale
l'apostrofo alla fine del rigo
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Posted 13 years ago #
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La sequenza “lo (accapo) asino” è davvero da evitare. Le possibili soluzioni sono due: 1) l’ (accapo) asino; 2) l’a- (accapo) sino”.
È vero che, per ragioni di “estetica tipografica”, in passato si è spesso evitato, nei testi a stampa, l’apostrofo in fin di rigo: personalmente non mi scandalizza per nulla il suo uso (sulla sua accettabilità si è pronunciato anche Luca Serianni nella sua Grammatica).Alessandro Aresti
Posted 13 years ago #
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