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l'apostrofo alla fine del rigo

(2 posts)
  • Started 13 years ago by santo
  • Latest reply from alessandroaresti

  1. Anonymous
    Unregistered

    Pare che sia norma generale che la scrittura rispecchi, nel modo piú vicino possibile, l’effettiva pronuncia (per questo motivo, ad esempio, scriviamo "l'8 gennaio" e non "il 8 gennaio"...). Perché, allora, ostinarsi all'uso della vecchia regola scolastica sull'apostrofo? In fondo, leggendo, se mi imbatto nell'articolo alla fine del rigo, e al relativo sostantivo a inizio del successivo, io pronuncerò, ad es., "l'asino" e non "lo asino"... Anche per evitare che chi ascolta senza leggere il testo potrebbe pensare che... "lo asino" ce l'ha proprio di fronte...
    Possiamo, in definitiva, a parte la banale battuta, ritenere superato il tradizionale divieto?
    P.s.: in fondo, oramai i giornalisti lo fanno "regolarmente"...

    Posted 13 years ago #
  2. alessandroaresti
    Moderator

    La sequenza “lo (accapo) asino” è davvero da evitare. Le possibili soluzioni sono due: 1) l’ (accapo) asino; 2) l’a- (accapo) sino”.
    È vero che, per ragioni di “estetica tipografica”, in passato si è spesso evitato, nei testi a stampa, l’apostrofo in fin di rigo: personalmente non mi scandalizza per nulla il suo uso (sulla sua accettabilità si è pronunciato anche Luca Serianni nella sua Grammatica).

    Alessandro Aresti

    Posted 13 years ago #

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