Italianistica Online Forum » Lid'O

Lingua morta...

(7 posts)
  • Started 2026 years ago by MattiaMela
  • Latest reply from MassimoOrtan

  1. MattiaMela
    Moderator

    Che ne pensate?

    «L'italiano è una lingua morta» aveva scritto Manzoni nel 1806 in una lettera a Claude Fauriel, riferendosi all'enorme distanza che esisteva all'epoca in Italia tra la lingua scritta e quella parlata. Duecento anni dopo, le cose sono molto cambiate.
    L'italiano è diventato la lingua di tutti e non più solo di un'élite, come ai tempi del Manzoni, e i dialetti, al contrario, stanno scomparendo.
    Eppure la differenza tra l'italiano scritto e parlato sussiste ancora oggi e nei campi più diversi si parla in Italia una lingua che rispetto allo standard scritto tradizionale è più semplificata, più povera, meno ossequiosa alle regole grammaticali e alle norme sintattiche.
    La differenza tra questi due modi di comunicare diventa evidente in particolare in letteratura, dove la lingua utilizzata da romanzieri e narratori, anche quando si tratta di raccontare storie semplici, fatti di vita quotidiana, è generalmente una lingua alta, lontana dai dialettismi, dalle sgrammaticature e dalle distorsioni del parlato, quasi lo scrittore volesse tenere le distanze dalle cose che racconta e dal mondo a cui d vita.
    C'è tuttavia da alcuni anni un nuovo filone narrativo, composto principalmente da giovani scrittori, e in particolare da giovani scrittori emiliani, che rifiuta il concetto che per scrivere un romanzo si debba per forza scrivere "bene" e che si sforza invece di tradurre in letteratura l'immediatezza e la vitalit del racconto orale, dell'italiano di tutti i giorni, della lingua che parliamo e che sentiamo parlare attorno a noi.
    Questo, per esempio, è quello che fa il quarantenne scrittore modenese Ugo Cornia nei suoi quattro romanzi pubblicati con Sellerio, l'ultimo dei quali, intitolato Le pratiche del disgusto, è stato presentato l'altra sera a Piacenza al neonato (e gi frequentatissimo) caffè letterario Baciccia di via Dionigi Carli dall'autore e dal narratore piacentino Paolo Colagrande.
    «Sono discorsi del rancore, passioni negative - ha detto lo scrittore Cornia l'altra sera - che non tollerano il controllo della lingua in modo scolastico e che hanno un'intensit tale da diventare anche belle».

    Posted 17 years ago #
  2. MattiaMela
    Moderator

    Dimenticavo. L'ho preso qui: http://www.liberta.it/asp/default.asp?IDG=704307003&H=

    Posted 17 years ago #
  3. alessandroaresti
    Moderator

    A fronte della progressiva regressione dei dialetti, che si prevede scompariranno tra pochi decenni, in Italia si è trovato un sostituto in quell’italiano colloquiale, o, più in generale, in quel sub-standard nazionale che ha trovato un alleato e un fornitore di primo piano nelle variet giovanili. E, ovviamente, la letteratura non poteva non venirne influenzata: basta leggere uno qualsiasi dei romanzi dei cosiddetti “cannibali”, una generazione di giovani scrittori (tra i capostipiti spicca Tondelli) che, a partire dagli anni ’80, o forse prima, ha proposto una variet linguistica che sino a quel momento non aveva ancora conosciuto una veste letteraria.

    Posted 17 years ago #
  4. Anonymous
    Unregistered

    Scrivere in modo diretto e semplice è una virtù che ogni scrittore dovrebbe avere. Questo non vuol dire che sia necessario ricorrere di proposito a frasi errate, errori o orrori. Se però si vuole dare "la parola" a persone semplici è giusto riprodurne la autentica ignoranza (grammaticale) o l'intercalare tra dialetto e italiano.

    Anch'io riconosco di non conoscere l'italiano abbastanza bene; per questa ragione studio, leggo, scrivo, ...

    Riguardo ai dialetti, non sono d'accordo con Alessandro quando dice che tra pochi decenni scompariranno. I dialetti sono delle risorse che possono insegnarci molto e che vanno salvaguardati, infatti, non sono sempre indice di poca cultura.

    l'appunto di Cornia "non tollerano il controllo della lingua [...] e hanno un'intensità tale da diventare anche belle" è molto intelligente

    Posted 17 years ago #
  5. MattiaMela
    Moderator

    Credo che Alessandro volesse fare solo un appunto di tipo storico, non dare un giudizio di valore, ovvero dire se sia un bene o un male che spariscano i dialetti. A dire la verità c'è anche chi sostiene che si conserveranno e in alcune zone stanno avendo pure una ripresa di vitalità. Chi vivrà vedrà.

    Posted 17 years ago #
  6. alessandroaresti
    Moderator

    sì, infatti il mio non voleva essere, e credevo che si evincesse facilmente dal mio intervento, un attacco al patrimonio linguistico dialettale. Ho semplicemente fatto un'osservazione che, riletta ora, mi suona persino banale, e me ne scuso per questo: è infatti esperienza quotidiana di chiunque parli o almeno conosca il dialetto della propria regione o area linguistica, che il dialetto stia perdendo, ahimè, parte della sua ricchezza. C'è uno iato enorme tra il dialetto parlato dal nonno e quello del nipote: quello dei giovani molto spesso costituisce una versione quasi totalmente italianizzata. Se poi ci dovesse essere, nel futuro più prossimo, un colpo di reni del moribondo dialetto, ne sarò entusiasta, in quanto, come giustamente dite, costituisce una risorsa che abbiamo il dovere di salvaguardare.

    Posted 17 years ago #
  7. MassimoOrtan
    Member

    Se posso permettermi, da parlante che moltissime cose deve ancora imparare, penso che la letteratura non debba inseguire a tutti i costi il modo di parlare che se ne infischia delle regole, ma debba avere al contrario una valenza educativa dal punto di vista linguistico.

    Posted 17 years ago #

RSS feed for this topic

Reply

You must log in to post.