Emanuela
Zonca
Cortocircuito tra passato e
futuro: il ritorno dello scrittore-artigiano
Abbiamo
dimenticato fino a che punto
la scoperta dell’automobile sia stata un miracolo
per l’uomo agli inizi del secolo.
(…) Da allora abbiamo visto tali e tanti nuovi
trionfi tecnologici che non hanno in nessun modo
cambiato l’uomo (…). È lo sbaglio di tutti pensare
alle soddisfazioni del presente e ai vantaggi del domani,
mai al dopodomani o al secolo successivo.
Marguerite
Yourcenar, Quoi? L’Éternité
Fari
puntati sul lettore
La
maggioranza delle critiche fiorite attorno al fenomeno e-book
concentra la propria attenzione sulla figura del lettore che,
abituato a consumare narrativa, saggistica e manualistica in formato
cartaceo, avrebbe potuto opporre (e in parte lo ha fatto) un deciso
rifiuto verso la versione elettronica degli stessi testi, per
diverse ragioni. Innanzitutto sussistono motivazioni di carattere
tecnico: per leggere un libro elettronico è necessario dotarsi di
hardware (un computer oppure un apposito lettore) e software;
nonostante l’alfabetizzazione informatica sia in sensibile
crescita, molte persone purtroppo ancora non possiedono le
conoscenze necessarie per diventare fruitori di e-books. Da non
trascurare sono anche gli aspetti economici: l’acquisto di un
libro cartaceo infatti non comporta la spesa legata
all’acquisizione dell’attrezzatura informatica; questa
problematica potrebbe essere superata se gli e-book fossero venduti
a prezzi decisamente inferiori rispetto agli equivalenti cartacei
(il che non è sempre il caso). Inoltre – finché la diffusione
dei lettori dedicati non risulterà più ampia – permane la
questione dell’affaticamento fisico legato alla lettura a video.
L’aspetto più interessante, però, resta quello legato al
rapporto emozionale che nel corso dei secoli è venuto instaurandosi
tra il lettore e i libri cartacei. La quasi totalità dei lettori
non è intenzionata a rinunciare alla fisicità del libro cartaceo,
che può essere annusato, manipolato, addirittura violentato per
simboleggiarne il possesso; in realtà il libro elettronico – al
pari di quello cartaceo – può essere sottolineato e annotato ma,
nonostante gli sforzi di alcuni produttori, è sostanzialmente
impossibile riprodurre in modo credibile l’odore della carta
appena stampata oppure il crepitio delle pagine sfogliate, per non
parlare della sensazione tattile legata al contatto tra i
polpastrelli e i diversi tipi di carta. In sostanza, il lettore
rifiuta la presunta asetticità del libro elettronico a favore del
marcato vissuto del libro cartaceo.
Il libro elettronico alla ricerca di uno status
Per secoli il libro cartaceo ha costituito l’unico mezzo di
trasmissione del sapere, e ciò gli ha permesso di raggiungere lo
status di cui gode ancora oggi; quello che viene scritto nei libri a
stampa, infatti, è ritenuto autorevole in quanto prima della
pubblicazione il contenuto viene sottoposto ad un’attenta
revisione da parte dell’autore, di almeno un redattore e di
eventuali altri collaboratori. Il processo che porta dalla prima
stesura alla stampa di un testo è quindi un processo che, in linea
teorica, è in grado di assicurare la qualità dei contenuti.
All’e-book non viene riconosciuta la medesima autorevolezza in
quanto le pubblicazioni elettroniche possono essere emanazione
diretta di chiunque voglia rendere pubblici i propri scritti. Ciò
non toglie che in circolazione ci siano libri elettronici di ottima
fattura e versioni elettroniche dei più grandi capolavori mondiali,
che però sembrano in parte perdere il proprio prestigio (ma,
invero, questo tipo di distinzione avviene anche in campo cartaceo,
tra edizioni rilegate e in brossura).
Stevan Harnad (Harnad, 2000) ha sottolineato che il controllo degli
articoli (che egli chiama “peer review”) da parte di persone
qualificate (professori, specialisti e tecnici) nelle riviste
accademiche (la cui organizzazione gerarchica è basata proprio
sulla rigorosità delle recensioni) è di fondamentale importanza. I
testi elettronici, a volte pubblicati pressoché direttamente, al
momento non vengono sottoposti a scrupolose verifiche. Questo però
non significa che gli e-book non possano acquisire maggior prestigio
nel prossimo futuro. A questo proposito Harnad
propone un sistema di recensione in grado di determinare la
qualità di un testo elettronico; egli invita gli autori a
pubblicare il proprio materiale: saranno poi i lettori, mediante la
redazione di un breve commento critico, a stabilirne la validità.
Al contempo, però, Harnad ammette che ai commenti critici non può
essere attribuito lo stesso valore delle recensioni effettuate da
esperti; i commenti possono quindi essere un supplemento alle
recensioni, ma non possono sostituirle. La soluzione ottimale
sarebbe applicare ai testi elettronici il sistema di controllo
utilizzato ora per le pubblicazioni cartacee: in questo modo sia gli
e-books che i tradizionali libri cartacei godrebbero del medesimo
prestigio.
Inoltre gli “autostoppisti della galassia post-Gutenberg”
presto, attraverso i loro percorsi, tracceranno la via che conduce
ai siti i cui contenuti possono essere ritenuti più affidabili; è
il caso, citato sempre da Harnad, del Los Alamos Physics Archive
<http://www.lanl.gov>, divenuto punto di riferimento dei fisici
di tutto il mondo poiché consente di accedere gratuitamente ad un
numero elevatissimo di articoli e saggi che, pur non essendo
recensiti, presentano dei contenuti eccellenti in quanto redatti da
autori responsabili che valutano adeguatamente i propri elaborati
prima di sottoporli all’attenzione della comunità scientifica
internazionale. Similarmente, nell’antichità i testi narrativi,
epici, le tragedie e le commedie venivano redatti e poi diffusi
anonimamente; nessuno si preoccupava di conoscere il nome
dell’autore, in quanto la celebrità e il lungo periodo di
circolazione erano sufficienti a certificarne il valore artistico.
Solo in campo scientifico era necessario che ogni pubblicazione
fosse accompagnata dal nome dell’autore (Foucault, 1979).
La generale diffidenza che accompagna il mondo del libro
elettronico, comunque, non deve stupire o allarmare: cambiamenti di
simile portata, che intervengono a modificare abitudini fortemente
radicate, inizialmente possono suscitare reazioni negative. Persino
l’avvento del libro a stampa dovette far fronte alla perplessità
dei fautori dei manoscritti; Martin Lowry sostiene che “(…)molti
acquirenti erano restii ad abbandonare le tranquille consuetudini
del mercto dei manoscritti (…) gli stampatori si sforzavano di
persuadere i clienti che il libro a stampa era, in ogni particolare,
altrettanto valido del manoscritto” (Lowry, 1984). Nel Fedro
di Platone persino l’invenzione della scrittura viene demonizzata
dal re egizio Tamo, che individua nella nuova forma di comunicazione
una minaccia verso le capacità mnemoniche della sua popolazione. In
effetti le novità spesso causano disorientamento e,
conseguentemente, timore. Anche Derrida, riferendosi
all’evoluzione della scrittura, aveva preconizzato una stentata
accettazione della nuova prospettiva, identificando il futuro con un
mostro: “L’avvenire non può anticiparsi che nella forma
dell’assoluto pericolo. Esso è ciò che rompe assolutamente con
la normalità costituita e non può dunque annunciarsi, presentarsi,
che sotto la specie della mostruosità” (Derrida, 1969).
L’autore-guida ritorna artigiano
Per garantire anche ai libri elettronici il raggiungimento di un
adeguato prestigio, l’impegno di alcuni scrittori di chiara fama
potrebbe rivelarsi estremamente importante. Se autori affermati, la
validità della cui opera è riconosciuta a livello nazionale o
internazionale, si impegnassero concretamente scrivendo opere da
diffondere esclusivamente in formato elettronico, probabilmente ciò
permetterebbe al mondo dell’e-book di emergere in modo definitivo
e di conquistare uno spazio ufficialmente riconosciuto nel panorama
letterario mondiale. Gli autori in questione dovrebbero però
seguire da vicino anche il processo di creazione materiale
dell’e-book, senza accontentarsi di scrivere il testo e fornire in
seguito alcune indicazioni di massima.
Carmen Covito e Douglas Clegg incarnano a meraviglia la figura
dell’autore del terzo millennio, che senza dubbio dovrà imparare
a sfruttare al massimo le possibilità offerte dalle nuove
tecnologie. Carmen Covito non solo ha pubblicato sul proprio sito
una raccolta di racconti in formato elettronico, ma ha anche
illustrato come, con un po’ di attenzione e buona volontà, tutti
possano realizzare un e-book. Douglas Clegg, autore celeberrimo
negli Stati Uniti, sfrutta le opportunità fornite dalla rete per
stare in contatto con i propri lettori mediante una newsletter
settimanale, per pubblicizzare i propri romanzi, ma soprattutto per
pubblicare estratti, bozze, primi capitoli o intere opere in formato
elettronico.
In buona sostanza, l’autore di e-book che si prepara ad affrontare
il terzo millennio non dovrà modificare il proprio stile (a meno
che decida di impegnarsi nel settore degli ipertesti), ma dovrà
fare, paradossalmente, un passo indietro e tornare un
autore-artigiano. Prima che la figura autoriale venisse riconosciuta
ufficialmente nel corso del diciottesimo secolo, gli autori erano
considerati semplici scrittori e la loro produzione intellettuale
veniva equiparata a quella di un qualsiasi altro artigiano. Non a
caso Martha Woodmansee (Woodmansee, 1984) ha scelto il termine
“craftsman” per descrivere la condizione dello scrittore nel
Rinascimento. Anche Max Weber ha colto questo aspetto, sostenendo
che “(…) è l’artigiano stesso a possedere lo strumento di
lavoro (essenzialmente, la biblioteca), in modo del tutto analogo
all’artigiano d’altri tempi nell’ambito del suo mestiere”
(Weber, 1983).
La figura dell’autore-artigiano fu parimenti esaltata nel 1774 da
William Enfield che, muovendo dalle teorie lockiane, sottolineò
l’esistenza di diritto naturale che ogni creatore vanta sulla
propria opera; nell’esposizione del suo pensiero Enfield utilizza
la parola “labour”, che generalmente indica un impegnativo
lavoro fisico: questo ci permette di vedere come ancora nel
diciottesimo secolo il libro veniva concepito come una sorta di
prodotto artigianale. Più avanti nel testo, però, Enfield utilizza
anche il termine “work”, lasciando intendere che gli scritti
sono anche opere dell’intelletto che meritano di essere protette (Enfield,
1774).
Considerate le analogie riscontrate in precedenza tra passato e
presente, sarebbe forse opportuno che l’autore di e-book
recuperasse quel ruolo di artigiano (se vogliamo più umile ma
comunque di grande importanza) associandolo al riconoscimento della
proprietà intellettuale che oggi, a differenza di quanto avveniva
fino a tutto il diciottesimo secolo, è un diritto inalienabile
dell’autore e, anzi, costituisce uno dei nodi cruciali della
discussione sul formato elettronico e la riproducibilità
dell’opera d’arte nel terzo millennio.
L’autore
promotore di se stesso
Effettivamente l’impegno di tradurre in formato elettronico un
romanzo o un saggio pare alquanto limitante e limitato. Ciò induce
a pensare che, soprattutto per quanto concerne la narrativa, lo
scrittore del terzo millennio dovrebbe approfittare appieno delle
potenzialità della rete ed eventualmente dei sistemi off-line (su
tutti, i cd-rom) per promuovere le proprie opere. La capacità di
autoprodurre e-books in linea teorica potrebbe portare
all’estromissione delle case editrici dalla catena produttiva dei
libri elettronici. L’autore-artigiano autosufficiente dovrebbe
quindi provvedere ad un’adeguata promozione del proprio lavoro
mediante alcuni canali elettronici (ma non solo). Ad esempio
potrebbe rendere disponibile gratuitamente un estratto o il primo
capitolo di un libro, e senza dubbio ciò consentirebbe anche a
coloro che sono restii ad accantonare il formato cartaceo di
avvicinarsi al mondo degli e-books.
Il
caso Douglas Clegg
Come anticipato, Douglas Clegg ha fatto e sta tutt’ora facendo
scuola nel settore dell’autopromozione. Egli si è impegnato a
fondo e in modo completamente autonomo ha sperimentato e ripetuto
l’autopubblicazione in formato elettronico di alcuni romanzi; dopo
essere stati diffusi in anteprima mediante il sistema – peraltro
molto funzionale – della mailing list (chi è interessato a
ricevere le puntate non deve far altro che iscriversi attraverso il
sito dello scrittore, e questo è sufficiente per trovare
puntualmente gli episodi nella propria casella di posta
elettronica), i libri sono stati messi in vendita nelle librerie nel
tradizionale formato cartaceo.
Pubblicando ben nove opere senza l’intermediazione di un agente,
già in passato Clegg aveva dimostrato di riuscire a gestire in
prima persona, se non proprio l’intero processo di pubblicazione,
almeno molti degli aspetti ad essa collegati. L’avvento delle
nuove tecnologie e la loro semplicità di utilizzo hanno poi
permesso all’autore statunitense di raggiungere direttamente il
lettore senza dover obbligatoriamente ricorrere all’intervento di
una casa editrice. Il primo libro elettronico realizzato da Clegg è
stato Naomi, spedito gratuitamente via mail nel 1999 grazie al
sostegno economico offerto dalla Leisure Books; Clegg si era
cimentato in questa sperimentazione per divertirsi facendo qualcosa
di diverso e nuovo, per sostenere il mercato della versione cartacea
e per attirare nuovi lettori. Clegg ha compiuto un’efficace azione
di marketing che le tradizionali case editrici probabilmente non
avrebbero mai intrapreso.
Il libro come oggetto tecnologico
Gli autori che seguono e seguiranno l’esempio di Clegg, quindi,
dimostrano l’inadeguatezza delle case editrici, che oramai da
decenni non escono dal solco della tradizione. In realtà i libri
sono oggetti tecnologici, e in quanto tali soggetti all’apporto di
continue (seppur a volte impercettibili) migliorie al fine di
soddisfare le mutevoli esigenze dei fruitori. Un attento osservatore
come George Landow ha magistralmente illustrato il concetto di libro
visto come oggetto tecnologico, sostenendo che ormai ci troviamo in
un’epoca in cui la concezione del libro è radicalmente mutata
rispetto a quella originale; finalmente siamo in grado di percepire
il libro come una sorta di “contenitore” le cui caratteristiche
mutano tanto lentamente quanto costantemente, proprio come avviene
per molte altre tecnologie (Landow, 1996).
È forse opportuno ricordare che ’invenzione degli e-books non
costituisce una novità assoluta, bensì rappresenta (assieme agli
ipertesti) l’esito concreto e complesso della prima idea di testo
elettronico, concepita nel 1937 da Herbert George Wells. In un breve
intervento pubblicato nell’Encyclopédie Française, lo
scrittore inglese denunciava la necessità di creare
un’enciclopedia mondiale permanente, in cui archiviare ed
indicizzare tutto il sapere umano. Nel saggio Wells faceva leva su
due aspetti fondamentali che avrebbero caratterizzato i testi
digitali: la facoltà di conservare più a lungo testi rari che
potrebbero andare persi oppure deteriorarsi con facilità, e la
possibilità di disporre di questi testi in luoghi anche remoti (Wells,
1937). Oltre sessant’anni fa, quindi, Wells aveva già
identificato due dei maggiori compiti dei libri elettronici; la
trasmissione dei testi nel tempo e nello spazio costituisce infatti
un argomento di estrema attualità in ogni tempo, ma in modo
particolare oggi poiché finalmente esiste un modo semplice e sicuro
per conservare e diffondere i testi del passato che sono alla base
di quelli presenti e futuri.
Negli anni Trenta Wells non aveva a propria disposizione la
tecnologia necessaria per trasformare le sue idee in realtà; oggi
però gli autori possono gestire in prima persona la pubblicazione
elettronica delle loro opere e quindi partecipare in modo diretto
alla costruzione della rete letteraria mondiale. Anche se in formato
cartaceo, infatti, la letteratura mondiale costituisce una
fittissima rete di riferimenti intertestuali che, in quanto tali,
non intaccano l’originalità dei nuovi testi. In epoca moderna,
infatti, la Corte Suprema degli Stati Uniti ha dichiarato che un
autore, per poter godere dei propri diritti sull’opera, deve
presentare un testo che sia – anche in minima parte – originale,
ovvero che al suo interno mostri la creatività dello scrittore.
Questa affermazione è importante perché, riflettendo
accuratamente, ci si accorge che ogni testo, per quanto innovativo
possa essere, si rifà sempre a dei testi precedenti. Di norma con i
testi cartacei la rete di riferimenti ha un carattere virtuale e
parziale, in quanto si costituisce nella mente del lettore in base
alle precedenti esperienze di lettura di quest’ultimo, mentre in
un e-book gestito secondo una struttura ipertestuale l’autore
potrebbe intervenire in prima persona e segnalare eventuali debiti
nei confronti di altri autori, permettendo così un ampliamento
dell’orizzonte del lettore, che spesso potrebbe non individuare
importanti riferimenti ad altre opere.
Dal
cortocircuito tra passato e futuro una scintilla risolutiva?
In precedenza si è accennato a come il libro elettronico sia
l’esito di un lungo processo di sviluppo tecnologico applicato a
una riflessione teorica sulla letteratura. In realtà occorre anche
sottolineare che l’e-book non costituisce una novità assoluta
poiché – come sostiene Pierre Teilhard de Chardin, che pur
costruisce la sua riflessione in ambito prettamente scientifico –
tutte le creazioni artificiali dell’uomo possono essere viste come
logica conseguenza della filogenesi umana (de Chardin, 1955). Anche
Marshall McLuhan ha abbracciato questa teoria evidenziando come ogni
nuova invenzione rappresenta l’interiorizzazione delle strutture
di una tecnologia precedente: ogni creazione, quindi, costituisce
una sorta di accumulazione (infatti l’impianto del libro
elettronico richiama fortemente quello del libro a stampa) (McLuhan,
1976). L’osservazione di McLuhan è stata altresì condivisa da
Walter Benjamin, che in Illuminations ha ricordato il
connubio che dovrebbe sussistere tra l’Angelo della Storia e
quello della Tecnologia: mentre quest’ultimo procede speditamente
verso il futuro, senza guardarsi alle spalle, il primo si avventura
in avanti rivolgendo il proprio sguardo al passato, facendo tesoro
delle esperienze precedenti (Benjamin, 1992).
Probabilmente la strada migliore da seguire affinché il libro
elettronico conquisti un riconoscimento ufficiale a livello
internazionale e raggiunga quindi un prestigio paragonabile a quello
del libro cartaceo è quella tracciata dall’Angelo della Storia:
una via moderata, che permetta un graduale adattamento al
cambiamento, solo in apparenza repentino.
Riferimenti
bibliografici
Benjamin,
W.
Illuminations, London, Fontana Press, 1992.
Chardin, P. T. de
Le phénomène humain, Paris, Éditions du Seuil, 1955.
Derrida J.
Della Grammatologia, Milano, Jaca Book, 1969.
Enfield, W.
Observations on Literary Property, London, 1774, in
Rose M., The Author As
Propietor: Dondaldson vs. Becket and the Genealogy of Modern
Authorship, in Representations, n. 23, 1988.
Foucault, M.
What is an Author?, in Harari J., Textual
Strategies: Perspectives in
Post Structuralist Criticism,
Ithaca, New York, 1979.
Harnad, S.
The Invisible Hand of Peer Review, in Exploit
Interactive, n. 5, Aprile 2000.
Versione elettronica: http://www.ecs.soton.ac.uk/~harnad/nature2.html,
ultimo accesso settembre 2002.
Landow, G.
Twenty Minutes into the Future, or How We Are Moving
Beyond the Book?, in
Nunberg G., The Future of the Book, Berkeley and Los Angeles,
University of California Press,
1996.
Lowry, M.
Il Mondo di Aldo Manuzio:affari e cultura nella Venezia
del Rinascimento, Roma, Il Veltro Editrice, 1984.
Platone Fedro, in Reale
G. (a cura di), Platone, tutti gli scritti, Milano, Rusconi,
1991.
Weber, M.
Il lavoro intellettuale come professione, Torino,
Einaudi, 1983.
Wells, H. G.
World Brain: The Idea of a Permanent World Encyclopaedia
http://art-bin.com/art/obrain.html
ultimo accesso giugno 2001.
Woodmansee, M.
The Genius and the Copyright: Economic and Legal
Conditions of the
Emergence of the “Author”,
in Eighteenth Century Studies, n. 17, 1984.
|